[Storia delle Cese n.40]
di Luigi, Osvaldo e Roberto Cipollone
Esistono diversi canti popolari dedicati a Cese o riconducibili al paese. Uno dei più antichi è quello che porta il titolo di “Cese belle”. Dello spartito musicale di questo brano non è giunta a noi traccia ed il testo evidenzia alcune forme non esattamente riconducibili al dialetto locale. Nei versi dell’autore si evidenziano numerosi influssi dialettali di apparente matrice aquilana, ma di certo non propri del dialetto “cesaròlo” [1]. La paternità non è ed oggi certa; secondo alcune fonti, sarebbe stato composto da una maestra che ha insegnato per diversi anni nella scuola elementare del paese. Secondo altre testimonianze locali, invece, sarebbe stato scritto da un sacerdote originario di Cese, don Amerigo Petracca, e sarebbe stato eseguito per la prima volta in occasione di un matrimonio il 21 febbraio 1954. Il brano rappresenta un’esaltazione nostalgica del luogo, visto con gli occhi di chi non può più viverlo da vicino, e sembra ripercorrerne le zone del paese con ricordi carichi di affetto. Oggi il canto risulta conosciuto soprattutto dalle persone più anziane; a volte viene ancora cantato ma pochissimi ricordano a memoria le strofe successive alla prima.
Un altro canto storicamente interessante è quello nel quale viene citata la “lattaròla” che “quando va alla montagna vola…”. Si tratta, come noto, della figura della lattaia, che già negli anni ’30 del secolo scorso raccoglieva il latte in paese per poi raggiungere la cittadina di Avezzano (superando a piedi il Monte Salviano con il carico sulla testa) per rivendere il prezioso prodotto presso i propri clienti. Il brano rappresenta non solo un omaggio a questa figura, ma anche alle qualità del paese, tra le quali trova spazio anche il vino locale, al tempo molto apprezzato nella zona. Il ritornello contiene diverse forme vocali riempitive (“e-oh”, “e scì”, “tricchite”) e chiude la celebrazione del luogo con la frase “quanto so’ belle le Cese me’”. Sulla paternità del brano non esistono notizie certe; dato il contenuto, va comunque collocato temporalmente attorno alla metà del ‘900, periodo in cui fu plausibilmente eseguito per la prima volta. L’ultima esecuzione di cui si ha traccia è del 1994, all’interno di una rassegna artistico-musicale svoltasi in paese, quando il brano è stato cantato da un gruppo di 7 anziane. Le stesse al tempo hanno eseguito un altro brano molto datato di cui non si conosce paternità né origine esatta; il canto, dal titolo “Le quattro stagioni di Cese”, è l’unico noto in lingua italiana e descrive l’avvicendarsi delle stagioni attraverso le attività tipiche della campagna e delle persone del luogo. Quella del 1994 è l’unica esecuzione ad oggi conosciuta.
Dei brani relativamente recenti (ma che hanno superato i 30 anni di età) esistono anche partiture musicali composte da diversi maestri. I due testi noti ai più sono stati scritti da Osvaldo Cipollone intorno alla metà degli anni ’90 e pubblicati nel 1997 nella raccolta di brani, poesie, aneddoti e racconti storici dal titolo “Angeli co’ jji quajji”. Si tratta di due brani in dialetto cesense: “La cesaròla” e “Si’solo ‘no paesitto”. Nel primo si esaltano le virtù delle ragazze locali, ricordando le attività e le usanze del passato per poi concludere che anche le ragazze “moderne” conservano le medesime qualità morali e gli stessi valori di un tempo. Il secondo si sofferma sulle bellezze paesaggistiche e naturali del luogo, richiamando alla necessità di conservare il paese attraverso l’impegno personale. I brani sono stati eseguiti per la prima volta a metà anni ’90 da diversi cori locali (alcuni formati da adulti e ragazzi, altri solo da giovani) all’interno di manifestazioni popolari svoltesi a Cese in occasione di presentazioni di libri o rassegne artistiche. Si riportano i testi e gli spartiti originali di entrambi; la musica è opera del maestro Roberto Tramutoli.
Tra le forme musicali popolari è doveroso citare anche le cosiddette “’ncanate”. Queste, che nascevano come burle e provocazioni cantilenate all’indirizzo di qualcuno, a volte si sono elevate a vere e proprie “canzoni” caratterizzate da una melodia piuttosto standard e da testi in rima improvvisati o preparati in previsione di un evento. Quando si praticava la mietitura a mano, ad esempio, solitamente si cantava a lungo, s’intavolavano stornelli e ci si dilettava appunto con le “’ncanate”. Questi canti contenevano punzecchiature sagaci e rime goliardiche su tematiche spesso piccanti, e quasi sempre si concludevano con apprezzamenti divertiti nei riguardi dei menestrelli. A volte, però, potevano procurare equivoci o risentimenti e sfociare in controversie, in alcuni casi appianate solo da sentenze legali volte a punire l’eccesso di goliardia. Per la natura di tali canti non esistono partiture, testi o testimonianze documentali. In tempi relativamente recenti, alcune “‘ncanate” sono state riprodotte dal vivo sulla base di contenuti e memorie del novecento. Sulla stessa linea vanno collocate le serenate “su commissione”, ossia scritte o adattate da musicisti “professionisti” su richiesta di spasimanti o fidanzati. Anche in questo caso non esistono tracce delle composizioni né dei testi; si sa, però, che questi potevano avere caratteristiche estremamente differenti a seconda della natura della serenata, che poteva essere “per dispetto” (un solo brano, la maggior parte delle volte eseguito o commissionato da uno spasimante respinto) o “d’amore” (tre brani commissionati dal fidanzato, con sequenze e ritualità proprie).
[1] Si possono citare a titolo esemplificativo: “ajju còre” anziché “ajjo còro” (“al cuore”); “me stì” anziché “me sta’” (“mi stai”); diverse forme verbali e avverbiali con vocale finale “e” (“tenghe”, “quante”, “tante”) anziché tronche o con finale “o”; uso diffuso della “u” all’interno di termini che in dialetto cesense prevedrebbero la “o” (“uocchi”, “vularrìa”, “luntananza”).
<Articolo originale>








“Le quattro stagioni di Cese” e “La lattaròla (Quanto so’ belle le Cese me)” sono inserite nel video pubblicato da Giuseppe Farinaccio nel gruppo facebook “Cese dei Marsi”, a partire dal minuto 7:00. Link: https://www.facebook.com/100023344582245/videos/1511577085904470/