,

La ricostruzione e il progetto mai realizzato della chiesa “gemella”

[Storia delle Cese n.35]
da Simonetta Ciranna, Patrizia Montuori

La ricostruzione post-sisma del 1915 fu certamente complessa e incontrò diverse difficoltà progettuali e realizzative. Molti edifici di culto, in particolare, dovettero essere ricostruiti ex-novo, spesso secondo un stesso modello replicato in diverse varianti a seconda del pregio e dei costi di realizzazione. In tale contesto ebbe un ruolo primario l’ingegner Sebastiano Bultrini, al quale vennero affidati il piano regolatore della nuova Avezzano (e di Tagliacozzo) e molti altri progetti, tra cui il palazzo municipale, il mattatoio e la sede vescovile. Le sue idee, però, non furono esenti da critiche, come dimostra il confronto a distanza con il collega Gustavo Giovannoni da cui sono ricavabili anche alcune note inedite su Cese.


Marsica 1915: circa venti anni dopo la laurea presso la Scuola di Applicazione per gli Ingegneri della Regia Università Romana, Sebastiano Bultrini e Gustavo Giovannoni, due ingegneri già diversi nell’approccio teorico e pratico alla professione, si confrontano “a distanza” sullo sfondo della ricostruzione successiva al sisma che il 13 gennaio devasta le località abruzzesi circostanti il lago Fucino, da anni prosciugato. Secondo Giovannoni, ogni paese dovrà assumere il suo aspetto “con carattere di libera estetica edilizia”, che non può essere definito con norme fisse, ma deve essere stabilito “caso per caso” e “luogo per luogo”, in base alle condizioni naturali e alle specifiche esigenze[1]. All’interno della trama viaria si creeranno piazze con i vari edifici pubblici (la chiesa, la casa comunale, i piccoli magazzini di vendita, una tettoia per il mercato, la fontana ecc.) “non aperte a tutti i venti, ma che abbiano il carattere intimo e raccolto delle vecchie piazze dei paesi d’Abruzzo”. Mentre, dunque, Giovannoni introduce nella ricostruzione marsicana moderni elementi del dibattito urbanistico e architettonico europeo, Sebastiano Bultrini delinea il volto della nuova Avezzano principalmente sulla base di normative tecniche e di modelli urbani del secolo appena trascorso.

Il sisma rappresenta uno spartiacque nella vita di Bultrini, confermandone il ruolo di urbanista e la definitiva stesura e approvazione del piano di Avezzano da lui già redatto nel 1912. Infatti, Bultrini, ben prima che il terremoto portasse alla pressoché totale distruzione di questa città, “era l’Ingegnere di fiducia del Comune di Avezzano e di molti altri comuni del Circondario che gli affidavano la redazione dei progetti e la direzione dei lavori. Oltre a ciò, detto Ingegnere ha eseguiti gli impianti elettrici di Avezzano, Celano, Cerchio, Trasacco, Cese, Magliano, Scurcola, Cappelle, Rosciolo e diretti quelli del Comune di Cappadocia e poteva eseguire altri impianti in altri Comuni viciniori. Lo stesso Ingegnere sta già realizzando lo impianto elettrico in Avezzano e prende parte alla nuova derivazione dell’acqua per la fornitura delle zone ove dovranno sorgere i baraccamenti”. Con queste parole l’ingegnere capo del Genio Civile auspicava la nomina di Bultrini a ingegnere del comune di Avezzano e di quelli del circondario colpiti dal sisma “ritendendo che l’opera dell’Ingegnere Bultrini per la speciale conoscenza dei luoghi e degli impianti, può riuscire proficua alla rinascita di questa regione devastata”. Secondo Giovannoni, invece, queste condizioni hanno favorito il “predominio di una uniformità insignificante e volgare, la quale imprimerà le stigmate di una espressione burocratica ai paesi che un tempo ebbero una loro individuale forma caratteristica e viva”. Egli, poi, distingue i paesi abruzzesi assegnandogli una dimensione rurale, una vita agricola lontana dalla frenesia delle città “che così poco domanda e che può comporsi in un organismo edilizio ben più prossimo alle esigenze primordiali”. Le indicazioni di Giovannoni disvelano il permanere in lui di uno sguardo “romantico” riguardo questi luoghi: […] nella sua raccolta di scritti del 1945 nel paragrafo dal titolo “I Monti di Abruzzo” [..] egli riporta i ricordi che lo legano all’Abruzzo: dalle sue peregrinazioni giovanili sui monti e nei luoghi “in cui ruderi e monumenti parlano in modo or sì or no chiaro del passato e lo innestano saldamente all’eterno aspetto della natura”; alla spedizione di soccorso post sisma, quando “il centro di Avezzano, i villaggi de Le Cese, di Aielli, di Paterno erano ridotti a cumuli di sassi e di calcinacci, e sopra la sopravvenuta neve vi stendeva un candido lenzuolo, che copriva i ruderi, i morti, i feriti ancora sepolti”.

In effetti, poco dei dettami di Giovannoni si ritrova nelle scelte di Bultrini ad Avezzano. […] Nella ricostruzione dei centri della Marsica, e, in particolare di Avezzano, non si sperimentano soluzioni tipologiche o costruttive originali: l’edilizia pubblica ripresenta, attraverso l’opera dell’Unione Edilizia Nazionale, i modelli-tipo adottati a Messina dopo il terremoto del 1908 con minime varianti. Tali scelte non sono, ovviamente, ascrivibili al ruolo e all’attività di Bultrini che, tuttavia, anche nella ricostruzione di rilevanti edifici pubblici resta ‘coerente’ a un misurato storicismo.

Un atteggiamento con il quale egli affrontò anche la nuova progettazione e la ricostruzione delle chiese, oggetto di una diretta e impietosa disapprovazione di Giovannoni. “In queste architetture – egli scrive – si evidenzia il fallimento della ricostruzione, con la realizzazione di edifici “in serie, standardizzati” in tre o quattro tipi a seconda del costo. La struttura in cemento armato “è goffamente racchiusa in una veste di cemento e stucco, in uno stile tra il falso lombardo ed il falso gotico”: una “ingiuria” per l’architettura antica e moderna. Giovannoni si chiede dove siano finite le terminazioni orizzontali delle chiese abruzzesi, dai portali “aggraziati” e dai rosoni traforati; dove le “piazzette romite e raccolte” sostituite da spazi aperti a tutti i venti, senza proporzione e armonia edilizia, senza un albero e senza una croce (fig. 6 – chiesa di Cese).


Anche ad un occhio inesperto, in effetti, molte delle chiese ricostruite nella Marsica dopo il terremoto appaiono come diverse interpretazioni realizzative di una stessa “matrice”, quella ideata appunto dall’ingegner Bultrini. Sembrano rientrare in questa fattispecie circa venti chiese costruite nella Marsica tra gli anni ’20 e gli anni ’40, ivi incluse la Cattedrale di Avezzano ed il tempio religioso di Cese, almeno secondo il primo progetto di Bultrini. Il nuovo edificio di culto sarebbe dovuto essere molto diverso da quello attuale, soprattutto nel piano d’appoggio e nella conformazione delle scale, nella posizione del campanile, nella forma dei portali e negli elementi decorativi. A ben vedere, quello stesso progetto appare del tutto associabile a diverse chiese del circondario, in primis quella di Massa d’Albe (Santi Fabiano e Sebastiano) e, eccezion fatta per la posizione del campanile, quelle di Cappelle (San Nicola di Bari) e di Collarmele (Santa Felicita). Secondo una rapida panoramica, possono essere ricondotte alla medesima matrice, seppure con le dovute differenze, le seguenti chiese: Aielli – Santissima Trinità, 1927 (rifacimento); Aschi – Santissimo Salvatore, 1932; Avezzano, Chiesa di San Giuseppe, 1924; Avezzano, Cattedrale di San Bartolomeo, 1942; Cappelle dei Marsi – San Nicola, 1922 (progetto); Casali d’Aschi – Madonna del Buon Consiglio, 1932; Cerchio – San Giovanni e Paolo, 1930; Collarmele – Santa Felicita, 1920-1946; Gioia dei Marsi – Santa Maria Assunta, 1929; Massa d’Albe – Santi Fabiano e Sebastiano, anni ‘20; Massa d’Albe (Corona) – Santa Maria 1939; Morino – Santa Maria Nuova, anni ‘30; Paterno – San Sebastiano, 1938; Pescina – San Giuseppe, 1930-1935; San Pelino – San Michele Arcangelo, 1949-1953; Scanzano – Santi Giustina e Cipriano, prima del 1942; Venere – Santa Maria del Carmine, 1936; Verrecchie – Sant’Egidio Abate, 1956; Villavallelonga – Santi Leucio e Nicola. Anche la chiesa di Cese rientra nel novero per conformazione e stile; il progetto iniziale, però, era ancor più da “gemella”.


[1]  “Ogni paese prenda così il suo aspetto, ogni casa non divenga un numero come la cella di un carcerato, ma sia l’abitazione, pur povera e semplice, di una famiglia che ha e deve avere, nella più grande famiglia sociale della borgata e del villaggio, il suo posto e la sua dignità”.


<Rielaborato da ricerche personali e da S. Ciranna e P. Montuori, “Gustavo Giovannoni versus Sebastiano Bultrini: un contraddittorio aperto tra due ingegneri della scuola di applicazione dell’Università romana” in “Bollettino del Centro di Studi per la Storia dell’Architettura – Casa dei Crescenzi” >


Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un’icona per effettuare l’accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s…