Diritti e confini tra Cese, Corcumello e Pagliara

[Storia delle Cese n.70]
da Osvaldo Cipollone

Dai “cassetti della memoria” riemerge un’antica Ordinanza emanata dalla Suprema Commissione Feudale e facente parte degli “Atti del Comune di Cese”[1]. Il documento del 1854 riguarda i possedimenti tenuti da Cese nella contrada Cespugliara, situata sul versante Est del Monte Pao, la montagna che separa i Piani Palentini da Castellafiume. In particolare, si tratta degli atti con i quali venivano ripristinati – tramite risistemazione dei cippi o specifiche segnature – i confini tra i tre paesi che avevano diritto su quel territorio, ossia Cese, Corcumello e Pagliara. Evidentemente, come riportato nel documento, una “mano ignota” aveva divelto i segnali di confine, per cui le parti erano chiamate a ripristinare gli stessi accordandosi tra di loro. Il caso singolare è legato al fatto che Cese in quel periodo avesse diritto di pascolo e di legnare in una contrada non riconducibile al proprio territorio (come i tenimenti nei Piani Palentini ed il demanio alle falde del Monte Salviano).

Questa la sintesi del primo documento:
L’anno 1854, il giorno 30 marzo – Contrada Cespugliara o Pao: tenimento di Cese, Corcumello e Pagliara. Noi, Benedetto Vecchiarelli, consigliere provinciale, in esecuzione degli ordini del signor Intendente della Provincia (…) ci siamo trasferiti nella suddetta contrada, ad oggetto di assistere e presiedere alla ripristinazione dei termini lapidei di confinazione, svelti per lo addietro, da mano incognita nelle proprietà montuose. Presenti per Cese Giambattista Pompei e Sabatino Torge; per Corcumello, Pasquale Piacente e Pietro Conte; per Pagliara Carlo Michetti, Angelo Di Marzio, Francesco Di Pasquale e Giacomo Bellizzi. I suddetti deputati de’ rispettivi Comuni di Cese, Corcumello e Pagliara, avendoci dichiarato di essersi già in accordo fra loro, precisati i luoghi ove ripristinare i termini lapidei, e di non esservi contesa per la estensione superficiale delle terre demaniali divise, non vi è stato bisogno di misura (…).
Il Consigliere provinciale Benedetto Veccchiarelli, Francesco Cosimati eletto, Sabatino Torge, segno di croce di Gio:Pompei illetterato. Stefano Cosimati ha scritto la suddetta firma crocesegnata, Carlo Michetti, Angelo Di Marzio, segno di croce di Francesco Michetti illetterato, firmato da me sotto segnato, Giacomo Belli indicatore suddetto, Pasquale Piacente, Pietro Conte decurione.
L’aquila 7 maggio 1861 Il vice Governatore Mezzopreti

A Cese venne assegnata un’estensione di 1662 coppe nella montagna denominata Pao, Grottella e Cesarignola, a confine con Capistrello, ed altre 1411 coppe vennero assegnate sul demanio denominato Ponticelli (qui tutti i documenti in pdf).

Sulla scorta di questi elementi, ho ricercato notizie ed indicazioni (anche verbali) che riconducessero al caso in oggetto. A tale riguardo, più di un anziano che coltiva, pascola o abita nelle adiacenze di quel territorio ha confermato la veridicità della nota, avvalorata da notizie tramandate o da esperienze dirette. Alcuni, fra l’altro, ricordano che fino ai primi anni ’50 erano anche loro a percorrere gli stessi tratturi che, oltre un secolo fa, collegavano il nostro paese a quelle contrade. Lo facevano guidando i loro animali a piedi, naturalmente. Un tratto di quella via che in passato veniva percorsa da greggi, mulattieri e viandanti è ancora individuabile, in quanto delimitata da siepi e pietrame. La stradina (riportata in foto) si lasciava alle spalle gli ombrosi e verdi pendii del Monte Pao (la cui sommità è poco distante dalla chiesuola di Santa Maria del Monte di Capistrello); serpeggiando poi sulla collinetta che s’interrompe sulla provinciale, l’attraversava per proseguire verso Cese, dopo aver percorso gli avvallamenti lungo i Piani Palentini. Il vecchio tratturo passava praticamente in prossimità dell’attuale sede della ditta “CODIMAR” e costeggiava il cosiddetto “Rafione” per immettersi sulla strada interpoderale che, attraversando il ponte della Madonna delle Grazie, raggiunge Cese. Naturalmente a quel tempo il viottolo, così come l’originaria strada di campagna, era erboso o in terra battuta. Per le esigenze del tempo erano comunque tratti comodi sia per il collegamento che per il transito di greggi, oltre che di asini e muli col basto. Bisogna considerare, a tale riguardo, che il diritto a pascolare ed a legnare in un territorio ricco di risorse naturali, benché più lontano dal centro abitato, rappresentava una fonte economica rilevante.


[1] Cfr. “Un’eco di note e di passi” pagg. 73-77

<Rielaborato da un articolo di Osvaldo Cipollone pubblicato su “La Voce delle Cese” numero 74 (1° luglio 2012)>


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