[Storia delle Cese n.64]
da Osvaldo Cipollone e Padre Stefano Pompilio
Fra i tanti religiosi della nostra comunità ce ne sono alcuni poco conosciuti, che hanno condotto una vita altamente riservata, arrivando quasi a recidere il legame che li univa alla famiglia d’origine. Questo non per conflittualità, ma semplicemente perché guidati dalla vocazione e ligi al proprio credo. Fra questi rientra un sacerdote, sconosciuto ai più, degno di particolare menzione per i tanti meriti acquisiti, tenuti sempre nascosti. Si tratta del Passionista Padre Nazareno dell’Addolorata, al secolo Venanzio Marchionni, nato a Cese il 16 novembre del 1894 come ultimo dei dieci figli di Enrico e di Costanza Petracca. I suoi fratelli erano: Angelo Raffaele, Maria Carmina (“Mammèlla”), Maria Crocefissa (“Crocétta”), Giuseppina, Elisabetta, Alfonso, “Ddavìdde”, Vincenzo e Veronica.
Alcuni cenni biografici su Padre Nazareno sono stati riportati da Padre Stefano Pompilio, che ha avuto la fortuna di conoscere il frate di Cese quando questi era ancora in vita.
Molto presto sentì la chiamata allo stato religioso e scelse i Passionisti. Dovette però soffrire prima di entrare. Gli stessi familiari lo scoraggiavano, ma Venanzio, dal carattere volitivo e deciso, rispondeva: “Io devo seguire la voce di Dio, dovessi andare anche al martirio!”. Entrò nel noviziato di Paliano (FR) il 6 luglio 1909 e prese il nome di Confratel Nazareno dell’Addolorata. Anche qui un’altra prova inaspettata. I superiori trovarono nella sua costituzione fragile un impedimento per seguire la vita austera di passionista e lo rispedirono in famiglia. Venanzio restò costernato, ma non si abbatté. Tornò a bussare al noviziato, supplicò, pianse, chiese di essere riammesso. I superiori, commossi di fronte ad una volontà così decisa, lo inviarono nella Scuola Apostolica di Carsoli (AQ) per rimettersi in salute e poi nel convento di Airola (BN), dove il 17 novembre 1910 emise la professione religiosa. Negli anni della sua formazione, oltre la fedeltà all’osservanza regolare e l’amore alla preghiera e allo studio, si distinse per una devozione singolare alla Madonna, manifestata in svariati modi. Nel 1916 – durante la Prima guerra mondiale – è a Roma nella casa generalizia dei Santi Giovanni e Paolo, dove nel 1918 viene consacrato sacerdote dal vescovo passionista Mons. Camillo Moreschini. Dal 1919 al 1924 riceve l’incarico di Direttore e Professore dello studio internazionale degli studenti passionisti. Lo stesso ufficio eserciterà a Napoli, dove viene trasferito nel 1924. Nel 1934 viene designato Rettore della casa provinciale di Napoli e nel 1937 è eletto Superiore Provinciale dei passionisti della Provincia dell’Addolorata. Nella cronaca del ritiro di S. Gabriele Arcangelo di Airola si legge: “In detta assemblea fu eletto Preposito Provinciale il Molto Rev.do P. Nazareno della V. Addolorata, anima candida, retta e piena di carità; e che riluttando, accettò la carica impostagli per manifesto volere di Dio”. Viene ancora annotato: “Il giorno 18 ottobre 1937 il neoeletto Molto Rev.do P. Provinciale, P. Nazareno dell’Addolorata, apportò un’onda di gioia a questa comunità… Furono tre giorni di santo giubilo per questa comunità, poiché P. Nazareno seppe rallegrare tutti col suo sorriso e con i santi consigli che seppe dare, spronando tutti alla carità e alla perfezione religiosa…”. L’incarico come Provinciale di P. Nazareno durò 2 anni appena fino al 14 agosto 1939, quando, dopo di aver subito due operazioni chirurgiche, morì. Nella necrologia che descrive la morte di P. Nazareno si legge: “Il 14 mattina, ad un tratto, come preso da una dolce estasi, cominciò ad esclamare: – Oh eternità! … Oh eternità … quant’è bella l’eternità…Oh, la Croce! … Io voglio essere pervaso dalla luce della croce! … Maria, Maria!… – Si spense placidamente baciando il Crocifisso”.
Il cammino spirituale di Padre Nazareno è stato tutto un lavorio interiore fatto di preghiera, di offerta e di intensa mortificazione. Ha camminato sulle orme di S. Gabriele dell’Addolorata: viveva abitualmente unito a Gesù e al suo sacrificio per mezzo di Maria. Sappiamo che “ogni suo pensiero era rivolto al cielo”. Nella predicazione era avvincente, anche se per pochi anni ha potuto dedicarsi a questo ministero ed in modo saltuario comunicava la ricchezza della sua dedizione. “Nei piccoli ministeri di predicazione – troviamo scritto – vi riusciva egregiamente, specie per l’unzione di spirito che vi rivelava … Giunse a guadagnarsi in grado eccezionale le simpatie di quanti lo udivano”. Si rivelò esimio e apprezzato Direttore: “La sua figura di asceta – viene annotato – esercitava un fascino potente su coloro che lo avvicinavano, e furono senza numero le anime pie che ne ricevevano la direzione, specialmente fra i religiosi, le suore e l’aristocrazia napoletana” (Stefano Pompilio).
Un episodio significativo della sua vita ascetica è databile intorno al 1935: poiché la sua fama di oratore e predicatore aveva fatto il giro della Campania per rimbalzare nella Marsica, era stato chiamato per la settimana di missioni a Villa San Sebastiano. Così vi si recò, pur senza comunicare il temporaneo soggiorno a nessuno dei suoi familiari. Il caso volle, però, che un abitante di Villa si recasse al mulino di Cese proprio negli stessi giorni; lì, tra le altre cose, decantò le virtù, la preparazione e le facoltà del Passionista. L’interlocutore del villese altri non era che Alfonso, fratello di Padre Nazareno e proprietario della “mòla”. “Chi è questo frate?”, chiese. “Si chiama Padre Nazareno e viene da Napoli”. A quel punto il fratello informò i familiari, in particolare le sorelle Maria Carmina e “Crocétta”. Il giorno successivo tutti e tre raggiunsero il vicino paese portando sul carro indumenti e vettovaglie per il fratello. Quando furono in canonica chiesero di incontrare il congiunto sacerdote, ma poco dopo ricevettero un’amara risposta dal parroco. “Padre Nazareno fa sapere di stare bene, così come pensa stiate anche voi. Ringrazia, ricambia i saluti, ma è impegnato a preparare la liturgia e la predica della sera. Vi invita a tornare a Cese ed a vivere sempre una vita cristiana”. I tre fratelli non compresero a pieno quel comportamento, anzi lo ritennero poco rispettoso nei loro confronti, per cui insistettero per vederlo, almeno il tempo di lasciargli qualche cosa. Venne risposto loro che non aveva bisogno di altro se non di preghiere; il consiglio era di dare ciò che avevano portato con loro a chi aveva più bisogno di lui. Così i tre fecero ritorno nelle rispettive case. Tramite altri contatti epistolari, in seguito, i familiari ebbero conferma della forte volontà del frate di mantenere fede alla stessa scelta di vita.
Nel tempo sono trapelati solo alcuni dettagli sulla sua storia. Ad esempio, quando fu ricoverato per le due operazioni chirurgiche che ne precedettero la morte, i familiari poterono apprendere fatti ed informazioni dai confratelli passionisti. Questi raccontarono, in particolare, che durante un anno di carestia iniziarono a scarseggiare vari prodotti, persino le castagne, un frutto di cui è ricco il territorio beneventano. Questo prodotto era allora largamente utilizzato specialmente dalle persone meno abbienti, che lo sfruttavano in molti modi, anche come farina per i dolci. Un giorno il nostro frate, condividendo (in silenzio) lo scoramento e le preoccupazioni di alcuni cercatori del posto, li rincuorò consigliando loro di confidare nella Divina Provvidenza. La ricerca era stata infruttuosa fino ad allora; i sacchi e le ceste continuavano a rimanere vuoti ed il cammino si faceva sempre più faticoso. Con i suoi sandali da frate, però, Padre Nazareno proseguiva imperterrito in mezzo ad arbusti e macchia mediterranea, fino a quando scorse sparuti frutti sulla sommità di un giovane castagno. Subito invitò i suoi accompagnatori a scuoterlo, prevedendo di riempire al massimo le proprie tasche. Le castagne in effetti caddero, assieme ai ricci e a qualche foglia. La caduta però non cessò, ma, nello stupore dei presenti, continuò tanto intensa che quei sacchi non furono sufficienti a contenere la raccolta. La voce si sparse ben presto ed altri raccoglitori si diressero in zona per accaparrarsi quelle castagne ritenute, in qualche modo, “frutto miracoloso”.
Qualche anno fa, ribadendo una posizione più volte espressa nell’affrontare temi di questa natura, l’allora parroco di Cese, don Angelo Leonetti, così chiudeva il cerchio della questione: “Padre Nazareno era un passionista noto per le sue virtù specialmente nel napoletano. Alla morte è stato in predicato di beatificazione anche per un avvenimento ritenuto miracoloso che lo vide protagonista”. Oggi, come un’eco, tornano alla mente fatti più o meno documentati, storie vere e racconti fantasiosi, da considerare solo per quello che sono realmente. In passato erano conservati nella mente viva e vigile di alcuni nipoti di Padre Nazareno, come mio padre Quintilio, “Richetto” e Ivo Marchionni, i quali confermavano le note qui riportate.
<Rielaborato da O.Cipollone, “Un’eco di note e di passi” (2010)>

Una replica a “Padre Nazzareno dell’Addolorata, asceta”
Non sapevo questa splendida storia della nostra famiglia. Grazie.