[Storia delle Cese n.57]
da marsicaweb.it
Il territorio palentino custodisce alcune tracce che restano nascoste agli occhi degli abitanti attuali, ma che conservano indizi importanti sull’evoluzione del territorio. In questo caso le tracce sono rappresentate dai sedimenti fluviali e lacustri che hanno portato alla formulazione di un’ipotesi ben circostanziata, secondo la quale in tempi remoti (20/30.000 anni fa) l’intera area palentina sarebbe stata occupata da un grande lago, prosecuzione del bacino lacustre del Fucino attraverso la soglia di Cappelle. Questo secondo bacino si sarebbe poi ritirato progressivamente trasformandosi dapprima in uno stagno e scomparendo del tutto circa 10.000 anni fa. Un’ipotesi affascinante e documentata che merita forse ulteriori approfondimenti.
Il bacino lacustre dei Piani Palentini si è immaginato essere una sorta di area marginale collegata al grande Lago Fucino, che tramite la soglia di Cappelle avrebbe invaso l’area palentina nel momento di massima estensione nell’ultima fase glaciale. È probabile che in età pleistocenica il bacino lacustre fucense sia divenuto un immenso lago (all’incirca 30.000 anni fa) a causa degli enormi apporti d’acqua dalle zone circostanti e ciò avrebbe prodotto un suo allargamento territoriale fino a comprendere anche i Piani Palentini tramite la soglia di Cappelle. Nella fase di massima glaciazione questo enorme bacino lacustre potrebbe aver raggiunto dimensioni tali da potersi definire anche un piccolo mare interno.
Infatti nel Pleistocene Superiore, durante la Glaciazione Wurm, nel momento di massima espansione dei ghiacciai appenninici, si è avuta una grande crescita del livello lacustre (arrivato fino alla quota di 725 m s.l.m.), e quindi un’espansione areale del Lago Fucino tale da coinvolgere i Piani Palentini. Ciò sarebbe avvenuto tramite la zona di passaggio di Cappelle, dove l’acqua si sarebbe infiltrata e avrebbe poi invaso l’area fino ad arrivare all’altezza dell’attuale paese di Scurcola, coprendo grosso modo l’intera area dei Piani Palentini. La stima della superficie lacustre occupata in questa fase si aggirerebbe, come riportato da qualche fonte, tra i 35.000 e i 40.000 ettari.
A questo proposito è utile segnalare i vari depositi lacustri presenti nei Piani Palentini, che testimoniano appunto questa fase lacustre in epoca glaciale, quindi nel Pleistocene medio. Ebbene se si osserva il settore circondato a sud-ovest dalla dorsale del Monte Arunzo, a nord-est dalla dorsale del Monte San Nicola e a nord-ovest dalla dorsale del Monte Salviano troviamo un area dove l’impostazione di un bacino lacustre è più che possibile.
Seguendo il percorso del fiume Imele nei Piani Palentini si notano affioramenti diffusi di sedimenti continentali quaternari di ambiente fluviale e lacustre. Lo spessore di questi depositi continentali quaternari risulta molto elevato e spesso di difficile comprensione a causa dei pochi dati di sottosuolo. A questo proposito esistono i dati relativi ad indagini geoelettriche, da cui sembrerebbe che i diffusi affioramenti di sedimenti continentali quaternari di ambiente sia fluviale che lacustre sarebbero stimati tra gli 80 e i 130 metri a seconda del modello geofisico elaborato. […] Nello specifico i depositi lacustri affiorano in sinistra del Fiume Imele nelle zone a nord-ovest del paese di Colle S. Giacomo e a nord-est di Villa San Sebastiano. […] Gli altri depositi lacustri sono presenti nella destra idrografica del Fiume Imele, precisamente in prossimità del paese di Sfratati ed a sud-est di Villa San Sebastiano a ridosso del Monte Arunzo.
I depositi lacustri sono formati da materiale limoso-argilloso e argilloso-limoso di colore grigio azzurrognolo, addensati, prevalentemente massivi, ma a luoghi caratterizzati da strutture sedimentarie rappresentate da sottili lamine piano-parallele. All’interno di essi si è trovata una discreta percentuale di sostanza organica, che contiene semi e frammenti di frustoli carbonizzati e una grossa presenza di minerali vulcanici, soprattutto di pirosseni concentrati in livelli. La determinazione del rapporto isotopico 87Sr/86Sr, pari a 0,71193, ha consentito di ricondurre i prodotti vulcanici presenti nell’area, ad un’attività locale (SERVIZIO GEOLOGICO NAZIONALE, 2000, rapporto inedito). Grazie poi all’elevato contenuto in minerali vulcanici è stato possibile datare i depositi genericamente al Pleistocene medio (Giraudi, 1986).
Da qui l’ipotesi personale che la presenza del lago nei Piani Palentini sia da ricercarsi nell’invasione del lago Fucino tramite la soglia di Cappelle in età glaciale. Successivamente, come si vede nell’ipotetica rielaborazione fatta sopra, verso la fine dell’era glaciale, allorquando le temperature si sono rialzate e il lago Fucino si è ritirato, il bacino lacustre nei Piani Palentini sarebbe comunque perdurato per qualche tempo dapprima come lago a se stante che poi con il tempo si sarebbe ridotto per divenire uno stagno, fino infine a scomparire del tutto. Chiaramente questa ipotesi è del tutto personale, seppure verosimile, e i tempi immaginati per il restringimento del lago fino alla sua scomparsa sono dell’ordine di qualche millennio. Ciò è stato pensato in funzione della formazione dei depositi lacustri, che essendo piuttosto spessi si potrebbero essere formati nell’arco di alcuni millenni. Inoltre le temperature consentivano ancora un certo margine di esistenza del bacino.
Venuto poi meno il periodo glaciale, nell’Olocene (quindi negli ultimi 11.000 anni), il lago o quel che ne rimaneva nei Piani Palentini, sicuramente non esisteva più e al suo posto si è generata una grande distesa pianeggiante, su cui si è finito di consolidare il Fiume Imele, che ha depositato sedimenti alluvionali e deltizi. Da notare comunque che il Fiume Imele è molto più antico del periodo olocenico. Alcuni depositi sembrano indicare un’età molto antica quindi anche molto precedente al periodo glaciale.
<Testo rielaborato dall’articolo non firmato pubblicato all’indirizzo https://www.webmarsica.it/piani-palentini-inquadramento-geologico-approfondito/ >





