Quel dottore e i tre “invincibili a tavola” di fine ‘800

[Storia delle Cese n.48]
da Nicola Marcone

Nicola Marcone è stato uno dei pochi viaggiatori a riportare cenni descrittivi su Cese in un’epoca in cui i narratori si soffermavano soltanto sui centri abitati maggiormente noti. Provenendo da Roma, alla fine dell’800 Marcone si trovò a visitare alcune località della Marsica per poi raccogliere le proprie impressioni in un volume pubblicato per la prima volta nel 1886. Dalla sua descrizione di Cese emerge un’immagine chiara del paese, una fotografia arcaica ma non per questo meno veritiera: la condizione delle strade e l’estrema precarietà igienica, la devozione religiosa, la descrizione di alcuni personaggi come i sacerdoti, il “medico” e tre “discendenti de’ Marsi antichi invincibili a tavola”.


Da Scurcola, sempre sul piano de’ campi palentini, in un’ora si va a Cese, frazione di Avezzano. Cese tenne sede vescovile nel 1000 o poco più, ed ha tuttora lo scheletro di un antico monastero di Benedettini, con chiesa storicamente interessante.
È un piccolo villaggio che conta un migliaio di abitanti incirca, tutta brava e laboriosa gente davvero, la quale non so come si rassegni a vivere fra il fango e il putridume dell’acqua che ristagna qua e là sulle pubbliche vie. Ho veduto guadarle (è la giusta espressione) da un branco di scarne vacche che il bifolco, messosi accortamente a cavalcioni sulle corna della più mansueta, riconduceva alla stalla. Le povere bestie, tutte chiazzate di loto antico e recente, dalla pelle che non aveva avuto mai familiarità colla stregghia e di cui si riconosceva a stento il colore naturale, tenevano la testa rivolta in su … verso il cielo. Quasi volessero implorare la protezione, e certo per sfuggire all’esalazione pestifera di quei miasmi! …

Ma se quei buoni abitanti che vivono coltivando le fertili terre de’ campi palentini non hanno mai pensato alla salute del corpo, non si può far loro lo stesso rimprovero quanto alla cura dell’anima!

Pochi anni or sono, dopo un abbondante ricolto, si avvisarono di tassarsi ciascuno in proporzione delle proprie forze, per la spesa di una campana colossale, e fecero fondere quella che avevano, pregevolissima, che rimonta nientemeno al 1321, deliberando che con l’aggiunta di altro metallo, la nuova pesasse molti quintali più dell’antica. Così fu fatto – ma, portata a stento in cima al campanile, a’ primi tocchi si squarciarono le mura, ed oggi devono que’ di Cesare far senza dell’una e dell’altra, finché non avranno trovato modo di proporzionare al vecchio campanile la nuova campana.

“Avete il medico, a Cese?”, domandai ad un tale che incontrai per via. “Sono io per servirvi”, mi rispose immediatamente. “Grazie tante!”, soggiunsi io dando un passo indietro, “e il Cielo mi preservi dalla necessità di valermi dell’opera vostra … per quanto possa stimarla”. “Ecco qua, Signore”, egli ripigliò, “io, a rigore, non sono né medico, né chirurgo, non feci studi, né ho le lauree rispettive: nondimeno è tale la pratica acquistata oramai, che tutti qui in paese mi accettano nell’una e nell’altra, sono contenti di me, e a preferenza …”. “Coloro che riducete al silenzio eterno! Non è così?”, dissi, ammicando il “dottore”. “Non me ne offendo, Signore; sono abituato a queste facezie di linguaggio che anche altri si permettono con me. Però, sappiate che io presto soltanto le prime cure agli infermi; quando la malattia si aggrava li consiglio a chiamare il dottore della vicina Avezzano”. “Bravissimo!”, esclamai ridendo, “così non vi spingete tant’oltre, voi, e riservate su altri la responsabilità in qualunque caso di morte”. “Ma sapete, Signore”, e il povero figlio … spurio d’Esculapio assunse in quel momento un’aria così grave e seria da non poter aspirare alla legittimità della nascita. “Sapete voi, che per questo servizio, stando sempre pronto a qualunque richiesta, io non ho altra retribuzione che trecento lire all’anno, ossia ottanta centesimi al giorno? Sapete che se non mi aiutassi in altre maniere morirei di fame? …”. E veramente, a ben guardarlo, tutto l’insieme di quel povero diavolo confermava la verità di quanto asseriva. Un embrione di vecchio e spelato soprabito, che probabilmente si andava raccorciando ogn’anno per le necessarie riparazioni, gli covriva appena il dorso: un cappello a forma cilindrica (tanto per non smentire il carattere dottorale) alto e stretto come un tubo di caminetto, che non gli calzava a dovere ed era in pieno disaccordo col cocuzzolo, gli dava un aspetto mal dissimulato di mendicante sicché quello di un ufficiale di salute. “E come fate”, riappiccando dopo breve pausa il discorso, soggiunsi, “ad aiutarvi in altre maniere?”. “Ecco: prima di tutto, ciascun ammalato che servo, se non è proprio un indigente, non mi manda giammai indietro senza qualche segno della sua gratitudine. Poco, sì, ma niente, mai: e una volta è un uovo fresco, un’altra è un cantuccio di schiacciata, e talora, ma raramente, una mezza bottiglia di vino. Questi però, come capirete benissimo, sono incerti – troppo incerti, tanto più che degli agiati ammalano meno dei poveri e le malattie non si verificano tutti i giorni con quella insaziabile periodicità con cui ritorna la fame … Perciò mi adatto a scrivere lettere alle mamme pei loro figli che servono nell’armata e …”. “E alle figlie pei loro fidanzati lontani, non è così?”. “Anche, anche! Tutto, insomma, che è onesto e compatibile colla dignità della mia professione, io lo faccio, fino a suonar l’organo in Chiesa per quindici lire all’anno”. “Quindici lire! Ma quanto prende, allora, l’individuo che tira i mantici? …”. “Quello è un ufficio cumulato nella persona del sagrestano, che nel tempo stesso è pure becchino … In complesso, lui è pagato molto, oh molto meglio di me!”, concluse con un sospiro a stento represso. Dico la verità: a queste ultime parole cessai di ridere, e mi sovvenni di una sentenza di Boileau: “Sott’ogni scena della gran commedia sociale si nasconde sempre la nota drammatica … – basta un po’ di cuore a trovarla!”

Una circostanza, poco dopo, mi fece più seriamente pensare alle sofferenze di questo sciagurato. Credo che a Cese gli stomaci siano dotati di una speciale forza digestiva, e che i bisogni di riparazione vi s’incalzino più violentemente che altrove. Sia per l’aria sottile e soverchiamente ossigenata, sia per le atletiche complessioni di que’ montanari, lassù si mangia sempre e non si è mai sazi. Tre di quei figli delle nevi, di forme gigantesche, e degni discendenti de’ Marsi antichi, non potendo mostrare il loro valore su’ campi di battaglia, mi dettero la prova d’essere invincibili a tavola. Invitati ad un pranzo di grasso (cioè a dire, con carne) accettarono a patto che, essendo di sabato, per essi si cucinasse di magro, e finirono col divorare l’uno e l’altro non solo, ma quando fu lunga la notte bussarono a diverse case per continuare a mangiare. Comunque fin dal principio io mi fossi accorto della loro voracità, perché ingoiavano l’uno dopo l’altro quasi interi pani che rimbombavano ne’ vuoti stomaci come pietre cadenti in un pozzo, pur tuttavolta superarono, lo confesso, gran lunga la mia aspettazione.

Da Cese in cima al Monte Salviano è un breve ma faticoso tratto, perché d’un’erta quasi a picco. In cima ad esso, però, il viaggiatore si rinfranca alla vista di quell’istesso panorama che si ammira dalla contrapposta vetta di Forca, con in più la ridente plaga di Avezzano, capoluogo del circondario. Giace Avezzano in perfetta pianura, è quasi tutta rifatta a nuovo, compreso l’antichissimo castello; ha vie regolari, ben lastricate, ed è adorna di superbi palazzi. Venti anni or sono quelle strade erano impraticabili per completa mancanza di acquedotti e di selciati. Peggio che a Cese e a Rosciolo, tutto il paese era immerso in una poltiglia di fango che quei signori ricordano con ribrezzo orgogliosi di aver provveduto al decoro ed alla salute dell’intera città”.

<Tratto da N. Marcone, “Viaggio attorno al Lago dei Marsi e suoi d’intorni – Studio bibliografico Adelmo Polla Editore (ristampa anastatica), 1983>

Una replica a “Quel dottore e i tre “invincibili a tavola” di fine ‘800”

  1. Bello no di più bellissimo complimenti a chi a scovato questo articolo , poi la foto è eccezionale vedo uno spicchio di casa dei miei nonni , sono commosso.grazie

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