[Storia delle Cese n.43]
da Italo Cipollone
Fino al secondo dopoguerra, le condizioni economiche e le difficoltà nelle comunicazioni facevano di Cese una comunità “chiusa” ed i suoi abitanti “isolati genetici”. Moltissimi matrimoni avvenivano tra consanguinei realizzando quella che in biodemografia viene definita “linea pura” o “inincrociata”.
Il matrimonio tra consanguinei è definito per “linea diretta”, quando unisce persone che derivano una dall’altra, e in tal caso la consanguineità interdice il matrimonio che sarà nullo all’infinito; per “linea collaterale”, quando unisce persone che pur derivando da un ascendente comune non discendono una dall’altra, e in tal caso il matrimonio può non essere interdetto, ma è necessaria una dispensa (in passato mediante pagamento di una tassa). Anche in questo ultimo caso la conseguente parentela è detta “di sangue” e si può parlare di consanguineità, in quanto coinvolge due individui che hanno almeno un antenato in comune.
Individui consanguinei sono geneticamente più simili rispetto ad altri presi a caso dalla popolazione, perché possono avere, con una probabilità ben definita, tratti genetici uguali, copie di quelli dell’antenato comune. L’analisi dei cognomi contribuisce a stimare l’indice di consanguineità.
Come detto altrove, i cognomi si sono affermati in molte società in quanto hanno risolto in maniera estremamente efficace il problema sociale dell’identificazione delle persone. E sebbene la loro origine sia di natura non biologica (derivando dalla professione, dai tratti somatici, dalla toponomastica geografica, dal patronimico e da altro ancora), la struttura della loro trasmissione alle generazioni successive è legata al comportamento riproduttivo degli individui, proprio come avviene per i geni. I cognomi, cioè, sono trasmessi ereditariamente ed identificano delle “relazioni genetiche”. Gli studi condotti per valutare matematicamente l’indice di consanguineità hanno individuato un coefficiente fisso di consanguineità pari al 25% tra coniugi con lo stesso cognome, che prima del matrimonio non si conoscevano e/o non sapevano di essere originari dello stesso paese o comunque di paesi vicini.
Passando all’analisi del grado di parentela e della consanguineità tra gli abitanti di Cese, si deve considerare che i cognomi presenti dal 1700 al 1930 sono stati solo 60 e la maggior parte dei nuclei familiari erano costituiti da pochissimi membri. Ne deriva che la maggior parte dei matrimoni avveniva tra persone appartenenti alle 13-15 famiglie storiche di Cese, inevitabilmente tra loro imparentate. Risulta inoltre che dal 1800 al 1930 sono stati celebrati circa 55 matrimoni tra coniugi aventi lo stesso cognome (di cui 8 anche con lo stesso cognome della suocera), 25 matrimoni con identico cognome tra genero e suocera, 33 tra nuora e suocera.
Stesso cognome | Numero di matrimoni |
Tra coniugi | 55 |
Tra coniugi e madre della moglie | 8 |
Tra genero e suocera | 25 |
Tra nuora e suocera | 33 |
Conseguentemente, dall’analisi di sole due generazioni è possibile identificare a Cese matrimoni con un indice di consanguineità di gran lunga superiore al 25%. Si trattava infatti di unioni tra persone dello stesso cognome, appartenenti allo stesso paese formato prevalentemente da famiglie con soli 13-15 cognomi, da considerarsi “isolati genetici”. Inoltre, la coesistenza dello stesso cognome anche nella linea femminile (le suocere di entrambi i coniugi) nella generazione precedente, rende la consanguineità sicura.
È bene ricorda che, nella specie umana, il pericolo dell’unione tra consanguinei consiste nell’aumentata probabilità di manifestazioni di tare recessive. Infatti, due individui con gli stessi ascendenti hanno molte più probabilità di portare lo stesso gene pericoloso di quante non ne abbiano due individui presi a caso. Inoltre, le malattie congenite derivanti dalla consanguineità provocano spesso un aumento della mortalità infantile.
È tuttavia estremamente difficile valutare quanto è accaduto a Cese in conseguenza di unioni tra consanguinei, data l’assenza di qualsiasi riferimento a patologie congenite e/o malformative nei certificati di nascita o di morte (dove, in passato, non era prevista l’indicazione delle eventuali patologie presenti alla nascita, né della ragione del decesso), nonché per mancanza di qualsiasi autorità medica che potesse effettuare diagnosi.
D’altra parte, nel periodo considerato il tasso di mortalità neonatale ed infantile a Cese è stato sì maggiore di quello italiano (pari al 25% dei nati), ma è risultato dovuto soprattutto alle infezioni. Le principali cause di morte, fino alla scoperta dei germi responsabili e quindi dei chemioterapici e degli antibiotici, sono state la difterite, il morbillo, la tubercolosi, le gastroenteriti, le bronchioliti e le polmoniti.
È ragionevole quindi concludere che le conseguenze della consanguineità, più che incidere sul tasso di mortalità, hanno soprattutto determinato, a lungo termine e fino ai nostri giorni, un aumento della frequenza di patologie dell’apparato cardiovascolare e di quello neurologico e mentale.
<Tratto da Italo Cipollone, “Genealogia di Cese dal 1700 al 1900”, 2007>

Una replica a “La consanguineità tra i cesensi”
Leggendo le storie che hai scritto, sono tornato indietro nel tempo ,ho ripensato ai mesi estivi che passavo dai miei nonni, non puoi immaginare il piacere che mi hh avuto.