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Fra’ Bonaventura da Cese. Storia e voci

[Storia delle Cese n.28]
da Giovanni Pagani, Mario Di Domenico, Osvaldo Cipollone

Giovanni Pagani include nel suo “Luci di nostra gente: Avezzanesi illustri” la figura di Fra’ Bonaventura da Cese, vissuto nel XIII secolo. Le fonti storiche sul frate cesense sono però labili e non sempre concordi. Ecco quanto riporta Pagani.

La tradizione vuole che un umile fraticello, nato in Cese di Avezzano e vissuto intorno all’anno 1225, sia stato compagno di San Francesco d’Assisi col nome di Fra Bonaventura.
La notizia per la prima volta è riportata dal Febonio nel libro I, cap. XI, pag. 58 dell’Historia Marsorum, in cui sono spese dall’autore scarsissime parola per un avvenimento tanto importante: la qual cosa stupisce non poco. Dice, infatti, il Febonio: “… et religionis alterum Sacrarum Theologatu quaestionum dictatore, F.nempe Bonavanturam, quem sequentur duo Fratres Petrus et Paulum Marsus de Caesis”. Il Febonio, tra l’altro, è in errore quando afferma che Pietro e Paolo Marso erano fratelli nati in Cese: risulta infatti che Pietro era di Cese, Paolo di Pescina […].
Il Di Pietro, poi, nella “Agglomerazioni delle popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi”, a pag. 190, dichiara: “Nel paese di Cese nacque pure Fra Bonaventura, compagno tanto amato da San Francesco, di cui dice si poche parole il Febonio”. Nondimeno egli stesso non va oltre quanto scritto dal Febonio, limitandosi a qualche cenno puro e semplice di notizie; evidentemente trovava poco o nulla da dire, oltre quanto gli proveniva dal Febonio.
Ora, uno sguardo indagatore, fatto scorrere su alcuni testi francescani specifici, pone la tradizione a dura prova, tanto incerti o addirittura manchevoli appaiono i risultati. Dal Martirologio dei PP. Arturo-Beschin, ultima edizione 1939, la pubblicazione più completa che esista in materia, il nome di Fra Bonaventura da Cese è del tutto ignorato; così pure lo ignorano il Wadding, lo Sbaraglia ed altri Storici dell’Ordine Francescano.
Ma il Corsignani a pag. 208 della sua opera “De viribus illustribus Marsorum”, scrive testualmente (tradotto): “Egualmente faremo conoscere un maestro fra gli altri uomini illustri, che per le scienze e per le virtù non senza gloria partirono da questa prigione di vita. E qui poniamo pertanto Frate Bonaventura delle Cese (comunemente “da Cese” che è un paese dei Marsi) il quale, essendo stato amantissimo compagno del Serafico Padre, è tanto nominato dal Febonio, storico dei Marsi, verso la fine del libro I cap. XI”.
Nel Medioevo la presenza nell’antica Cese di un importante monastero benedettino con la sontuosa chiesa di Santa Maria delle Grazie, andata distrutta dal terremoto del 1915, aveva creato un ambiente profondamente religioso, che favoriva gli studi ecclesiastici e soprattutto le vocazioni monastiche frequenti. Per la qual cosa si può ben ritenere che in Cese sia sorto Fra Bonaventura o altro frate, a cui sarebbe stato dato tal nome dalla tradizione, pur non essendovi testimonianze valide a confermarla.
Ma la tradizione non si spegne, e come fiaccola ardente si perpetua nel tempo, rappresentando alla fede del popolo Frate Bonaventura da Cese, che tra i primi scalzi poverelli, seguì San Francesco d’Assisi per tutta la vita, fino a quando dal grembo della povertà “… l’anima preclara mover si volse, tornando al suo regno”.

In un testo non meglio identificato si fa addirittura riferimento a Fra’ Bonaventura da Cese come fondatore delle confraternite di carità e si aggiunge un dettaglio inedito sul suo casato di origine. Si legge nello specifico: “Fra Bonaventura da Cese è celebre per aver fondato la confraternita che ancora oggi ha la stessa funzione nell’ambito di una comunità religiosa. Appartenente alla nobile famiglia dei Cosmati (Cosimati) rinunciò a tutto per dedicarsi alla preghiera e alla solidarietà. Questa associazione, secondo le regole da lui scritte, doveva essere aperta a quei cittadini che, con il volontariato, dovevano curare le cerimonie religiose (come oggi) e allora assistere tutte le persone che per povertà o per malattia avessero bisogno di aiuto, secondo la carità francescana”.

A proposito della sovrapposizione tra storia e tradizione orale, nella ricostruzione della vicenda di Fra Bonaventura da Cese, Mario Di Domenico scrive: “Quel che le fonti non sono in grado di confermare è possibile solo arguirlo, sulla base delle tradizioni orali e popolari di Cese fortemente pervasa da alte vocazioni di spiritualità. Con molta probabilità in pieno periodo benedettino cesense, supponendo che la tradizione orale conserva o porta con sé sempre una embrionale verità, forse Bonaventura da Cese rappresentò solo l’elemento più spiccato della carità francescana, seguito da tanti umili fraticelli che perpetrarono l’insegnamento francescano e benedettino: un esercito di cristianità”. D’altra parte i “Fra’ Bonaventura” ascesi agli onori delle cronache sono diversi, in tempi diversi e con diversa origine.

Una nota curiosa deriva da una relazione del 1912 dell’allora parroco di Cese, Don Antonio De Angelis (lo stesso che purtroppo morì nel terremoto del 1915 proprio mentre officiava la messa). Elencando i gruppi cattolici presenti al tempo in paese, Don Antonio scrive: In parrocchia vi sono altre associazioni cattoliche: 1) “I ricreatori Festivi” di San Luigi; 2) Il circolo giovanile “Dio e patria”; 3) Il circolo democratico cristiano “Pietro Marso”; 4) La Casa Rurale “Beato Bonaventura da Cese”; 5) Lo sposalizio delle “Figlie di Maria”.
Sul titolo di “Beato” attribuito a Bonaventura da Cese non si ha traccia storica. Potrebbe trattarsi di un’attribuzione spontanea, dettata forse dall’affetto popolare, che però non trova riscontro in alcuna canonizzazione ufficiale. È probabilmente questo fattore ad aver determinato l’intitolazione di una delle stradine centrali del paese a “San Bonaventura”, il quale però non era originario di Cese bensì di Bagnoregio, dove era nato attorno al 1221. Quando, dopo il terremoto del 1915, è stata rivista l’intera toponomastica di Cese, quello che in precedenza si chiamava “Vicolo Cipollone” è stato intitolato a questo Santo Dottore della Chiesa, plausibilmente per un errore di confusione con il nostro Fra’ Bonaventura.

<Elaborato sui testi di G. Pagani, “Luci di nostra gente. Avezzanesi illustri” (1978), M. Di Domenico, “Cese sui piani palentini” (1993), O. Cipollone, “Orme di un borgo” (2002)>

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