Padre Domenico da Cese

[Storia delle Cese n.13]
da Osvaldo e Roberto Cipollone

Emidio Petracca, il futuro Padre Domenico, nasce a Cese il 27 marzo 1905 da Giovanni Petracca e Caterina Tucceri, al n. 30 di Via Isonzo (all’epoca “Via del Pozzo”). A quei tempi il battesimo veniva celebrato subito dopo la nascita, e così avviene anche per quel bambino. La cerimonia viene officiata nella Chiesa di S. Maria dal parroco di allora, Don Antonio De Angelis (di Luco), affiancato da Don Serafino De Sperdutis di Cese. Al neonato viene imposto il nome del Santo invocato contro i terremoti; un segno premonitore, se si pensa che il bambino avrebbe vissuto la triste vicenda del sisma all’età di soli 10 anni. A tal proposito si narra che, dopo che la maestra aveva tenuto una lezione sul terremoto, Emidio abbia affermato: «Domani anche qui ci sarà il terremoto». Era il 12 gennaio del 1915.
Quando crolla la chiesa parrocchiale, Emidio è presente alla messa del mattino. Si racconta che in quella circostanza sia stato estratto incolume dalle macerie della chiesa da un misterioso personaggio che non corrispondeva a nessuno dei suoi compaesani o parenti. Anni più tardi, Padre Domenico avrebbe riconosciuto nell’immagine del Volto Santo il proprio salvatore.
Il suo legame con la fede e la spiritualità ha radici profonde. Da piccolissimo viene consacrato al Signore dalla madre. Si narra che a soli tre anni abbia avuto un malore accompagnato da sintomi erroneamente scambiati per poliomielite, e che, in quella circostanza, le suppliche dirette alla Madonna di Cese abbiano contribuito alla guarigione del piccolo.

Il 3 novembre 1921, dopo molte insistenze e dopo aver vinto la ritrosia del padre Giovanni, Emidio Petracca si presenta al Convento dei frati Cappuccini di Avezzano per diventare fra’ Domenico da Cese. Nel settembre dell’anno successivo entra nel Noviziato di Penne e ad ottobre del 1923 fa professione religiosa (prende i voti); a fine anno viene inviato nel convento dell’Aquila per gli studi teologici.
Agli inizi del 1925 deve interrompere gli studi in seguito all’arruolamento presso la caserma di sanità a Firenze. Dopo 18 mesi è posto in congedo e torna all’Aquila per prepararsi alla professione solenne, che emette l’8 Aprile 1928 nelle mani del Superiore Provinciale, Padre Roberto. Nel 1931, l’11 ottobre, viene ordinato sacerdote nella chiesa della Maternità di Maria, a Sulmona; a fine anno è nominato Cappellano presso l’ospedale civile dell’Aquila. Nel 1935 passa nel convento di Avezzano come religioso e sacerdote residente.
Nel 1940 chiede di essere arruolato come cappellano militare e parte per Trieste, sul fronte dei Balcani. A Padre Pio, conosciuto proprio durante il conflitto bellico, il frate di Cese dirà: “Non mi sono fatto frate per fare la guerra”. Alla fine del conflitto svolge il proprio ministero presso il convento di Luco dei Marsi, dove rimane almeno sei anni. Nei primi anni ’50 è riportata la sua presenza presso la chiesa della Madonna del Perpetuo Soccorso, a Trasacco, dove esegue alcuni lavori di restauro. Svolge il proprio ministero in diverse località della Marsica. Nel 1954 entra nel convento dei Cappuccini a Campli, mentre attorno al 1964 svolge il proprio ministero a Caramanico.
Nel 1965, dopo l’illuminante visita dell’anno precedente, chiede di poter entrare nel Santuario del Volto Santo a Manoppello, dove viene accolto nell’ottobre dello stesso anno. Vi rimarrà sino alla fine.

Muore il 17 settembre 1978, investito da un’auto a Torino, dove si era recato per visitare la Sacra Sindone. Sembra che in quella circostanza, rivolgendosi al giovane che lo aveva investito, l’abbia rassicurato dicendogli: «Non essere afflitto per me, oramai sono solo un povero vecchio frate …».

Molti sono gli aspetti della spiritualità di Padre Domenico che suscitano interesse e coinvolgimento. Il rapporto con Padre Pio da Pietrelcina, ad esempio, detiene un’importanza del tutto particolare nella comprensione delle loro vicende umane e religiose. I due si conoscevano dal 1940 ed avevano stretto un rapporto ideale molto forte. Quando già era asceso agli onori delle cronache, Padre Pio dirottava molti suoi fedeli dal frate di Cese, dicendo ai pellegrini abruzzesi: “Perché fate tanta strada per venirmi a trovare? Avete Padre Domenico!”.
Il segno più eclatante, e allo stesso tempo controverso della spiritualità di Padre Domenico è quello che lo ha a lungo accomunato a Padre Pio, ossia le stimmate. Dalle diverse testimonianze riportate nel tempo, si può dedurre che la stigmatizzazione sanguinante a piedi, mani e costato sia durata dal 1942 alla quaresima del 1974, mentre i primi dolori intensi risalgono al 1930. Il frate nascondeva le sanguinazioni con strisce di carta, alcune delle quali sono state poi raccolte in una teca nel cimitero di Cese. Sul tema, l’autore Mario Sgarbossa riporta le parole dello stesso frate: “Certo non avrei mai potuto supporre di diventare un giorno un’anima prediletta del mio Signore Gesù: una sua vittima, piagata per amor suo. Le piaghe danno dolore… Quello sulla parte esterna per lo più non è forte. La sofferenza più viva la provo internamente al cuore[1]. Molti sono gli studi sulla sua figura, così come molti sono i segni mistici e le testimonianze che hanno condotto alla causa di beatificazione in corso.


[1] Mario Sgarbossa, “Padre Domenico da Cese e il mistero del Volto Santo di Manoppello” – Pescara 2007


<Rielaborato da O.Cipollone, “Un’eco di note e di passi (2010)” e da un’edizione speciale de “La Voce delle Cese” del 15/12/2013>


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