Piazza dejj’aseni, ‘n sulle mura…

[Storia delle Cese n.10]
da Osvaldo Cipollone

La maggior parte delle circa 50 vie e piazze di Cese porta oggi il nome di poeti, scrittori, storici, letterati e studiosi (tra i 30 nomi illustri ricordiamo Paolo Marso e Pietro Marso, cui sono dedicate rispettivamente le ex Via Napoli e Via Roma). Solo quattro sono dedicate a Santi (S. Bonaventura, S. Felice, S. Rocco e S. Sebastiano) ed altrettante ad ufficiali militari o uomini politici. Una piazza ed un largo sono invece intitolate a due illustri religiosi di Cese, Padre Ignazio e Padre Valeriano Marchionni. Dieci strade portano i nomi di località, fiumi e monti della zona (Fonte, Arco, Mandre, Madonna delle Grazie, Palentino, Rafia, Imele, M.te Arunzo, M.te S. Felice e M.te Cimarani) e solo due di località di rilievo nazionale (Gorizia ed Isonzo, legate soprattutto alle vicende della prima guerra mondiale). Una, infine, è dedicata al trattato tra Stato e Vaticano (via XI Febbraio).

La toponomastica in vigore prima del terremoto era invece maggiormente incentrata su riferimenti territoriali locali (“borghetto”, “sulla terra”, “sulle mura”, “castello”), nomi generici (“piazza centrale”, “via grande”) o città note (Roma, Napoli, Pompei).

Dopo il terremoto del 1915, in paese vennero approntate diverse casette asismiche in legno chiamate volgarmente “bbarràcchi”. Erano localizzate in più punti, di cui uno in prossimità della zona comunemente chiamata “Cèsa d’òccia”, negli spazi occupati in seguito dalle scuole elementari. Altri moduli dello stesso genere vennero approntati nello spazio a ridosso della “Madonnina”; altri ancora nella zona nord del paese, nell’area adiacente l’attuale Piazza San Felice.

I Palazzi” – Questo quartiere occupa lo spazio compreso tra l’ex asilo, le scuole elementari, via Michele Bianchi e via XI Febbraio. Le costruzioni, realizzate dall’Amministrazione Comunale di Avezzano intorno agli anni ‘30 del secolo scorso, hanno sostituito i moduli asismici in legno. Realizzati su due piani, dettero allora alloggio a 16 famiglie del posto. Altri fabbricati dello stesso genere ed analoga tipologia vennero realizzati sull’altra area occupata dalle abitazioni provvisorie. Ospitavano al tempo quattro famiglie e comprendevano i fabbricati collocati tra le attuali via Pascoli e via Monte San Felice.

Le Casette Popolari” – Erano anch’esse abitazioni comunali, ma costruite su un solo piano. Disposte lungo la linea retta dell’attuale Via Tasso, hanno prestato il loro nome a tutto il quartiere adiacente, quello in prossimità delle ex scuole elementari. Anche queste vennero edificate a cavallo del “ventennio”, dando sistemazione ad otto famiglie. Ristrutturate in seguito in maniera adeguata, sono state ampliate e divenute di proprietà. Altre abitazioni della stessa tipologia occupavano gli spazi demaniali posti all’inizio di via San Sebastiano.

Jo Bburghitto” – Come specificato anche in altri contesti, in epoca antecedente il terremoto esisteva a Cese una contrada denominata “Borghetto”, ma collocata in contrada Mandre. “Jo Bburghitto” era invece il quartiere che comprendeva le abitazioni che vanno dall’attuale “Madonnina” fino al n°. 70 di via Paolo Marso e al n. 28 di via San Sebastiano. Gran parte delle sue costruzioni, realizzate dopo il 1915, sono o erano di proprietà di alcune famiglie legate tra loro da vincoli di parentela o di consanguineità (fratelli e cugini di primo grado). Solo 3 delle 12 abitazioni erano infatti di altra proprietà. Al tempo, l’agglomerato era caratterizzato da un’elevata densità abitativa. Negli anni ‘50, infatti, i giovani che vi risiedevano riuscivano a formare una squadra di calcio capace di far fronte a quella di tutto il resto del paese.

La Piazza” – Con questo termine veniva individuata la zona localizzata attorno alla chiesa e nelle aree adiacenti. Un tempo era questo il territorio del paese più vasto per superficie e popolazione, nonché il più eterogeneo in termini di proprietà e legami parentali.

Santa Lucia” – Era il quartiere a nord di Cese, quello che comprendeva le abitazioni che andavano dalla piazza fino alla chiesetta di Santa Lucia (in direzione di Cappelle). Prima del terremoto, infatti, l’ultima costruzione del paese coincideva proprio con la piccola chiesa dedicata alla Santa protettrice della vista. Il tempietto era contrassegnato dal civico n.° 12 e si trovava nell’area in cui attualmente ricade il n. 74 di via Pietro Marso.

Piazza dejj’àseni” – La piazza in questione non ha mai avuto una vera e propria intestazione ufficiale. La sua collocazione era in realtà nello spazio che si trova sulla discesa a destra dell’inizio di via Isonzo. Il nome tanto singolare deriva da una situazione contingente del passato. Nelle adiacenze del largo erano infatti presenti, al tempo, alcune bettole ed osterie; spesso, dunque, i viandanti, gli allevatori, i commercianti ed i carrettieri che raggiungevano il paese “parcheggiavano” qui i propri animali assicurandoli alle “catenelle” infisse nei muri delle abitazioni circostanti. Il rilevante numero dei capi presenti e la consuetudine legata alla sosta in quei pressi fecero sì che il luogo venisse appunto denominato “Piazza dejj’Aseni”.

Via dell’Ara” – Coincide con l’attuale via Isonzo. La vecchia denominazione deriva dal fatto che la strada conduceva all’aia, lo spazio comunale un tempo adibito a diverse funzioni agricole. Era qui, infatti, che si stipavano i covoni del grano, si trebbiava il frumento, si battevano i baccelli dei legumi, si sgranavano le pannocchie, si ventilavano i cereali e si stendeva al sole ogni sorta di prodotto della terra. Nelle acque del vicino torrente “Ràfia” si lasciavano inoltre a macerare i manipoli di canapa prima della frantumazione e della filatura in tessuti. La strada, divenuta poi via provinciale, prosegue oggi fino a Corcumello.

Piazza ‘n Sulle mura” – Era quella attualmente intitolata a padre Ignazio Marchionni. In passato, in realtà, si sarebbe dovuta chiamare “Piazza fuori le Mura”, in quanto si apriva a ridosso dell’antica cinta muraria dell’abitato. In tempi remoti, al centro di questo spazio era presente un edificio dalla struttura caratteristica.

 “Via dejjo Generale” – In passato, specialmente nei paesi come il nostro, capitava comunemente che più persone avessero identico nome e cognome. Per distinguere i diversi individui, i locali avevano escogitato un sistema che evitava confusioni di sorta, ossia il ricorso al soprannome, detto volgarmente “preggiudico”. Tra i tanti “Cipollone Giuseppe” di Cese c’era un tale che abitava in via “General Cantore”. I compaesani, per distinguerlo dai suoi omonimi, pensarono dunque di identificarlo con la specificazione della via in cui abitava, e lo chiamarono, per l’appunto, “Peppino jo Generale”.

Via San Bonaventura” – La strada porta questo nome perché detto santo in passato è stato erroneamente ritenuto nativo di Cese, che invece sembra aver dato i natali ad un altro frate seguace di San Francesco, noto come “Fra’ Bonaventura”.

<Tratto da O. Cipollone, “Tra rue bianche e vie imbiancate”, 2013>


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