Dalle Cese all’Argentina

[Storia delle Cese n.26]
da Roberto Cipollone, Italo Cipollone, Osvaldo Cipollone

Fin dalla sua nascita come nazione indipendente, l’Argentina ha attuato una politica di reale incentivo all’immigrazione. Il grande flusso degli italiani ha avuto inizio intorno agli anni ’30 dell’800 ed è stato caratterizzato dall’arrivo di emigranti provenienti soprattutto dalle regioni del nord Italia. Tra le due guerre mondiali il flusso migratorio italiano è diminuito vistosamente, ma nel secondo dopoguerra ha ripreso una certa consistenza. Gli immigranti italiani, anche se in modo diseguale, si sono integrati in forma stabile nel sistema occupazionale argentino ed hanno dato vita a discendenze molto consistenti.

Per quanto concerne l’emigrazione “cesaròla” in Argentina, ricostruire vicende e numeri non è impresa semplice né circoscritta. Dagli elenchi ufficiali dell’immigrazione argentina non è ad oggi possibile estrapolare un’origine dettagliata a livello di Comune o città. La fonte più rilevante, in questa ricostruzione, rimangono però le liste di sbarco ufficiali, che registravano il movimento migratorio in entrata in Argentina attraverso il mare. Già dal 1869, i capitani delle navi che trasportavano passeggeri verso porti argentini erano obbligati a presentare all’arrivo una lista, in doppia copia, in cui per ogni viaggiatore dovevano essere indicati il nome, l’età, il sesso, la nazionalità, la professione e la religione. Solo dagli inizi del ‘900 si cominciò a riportare sui fogli di sbarco anche la città di provenienza; per questo motivo, non è ad oggi possibile effettuare ricerche complete sull’intera popolazione di emigranti provenienti da Cese (o Avezzano).

Alcune tracce sono rimaste nelle relazioni epistolari, che testimoniano il forte legame con il paese di origine al pari delle donazioni in denaro che arrivavano spesso alla comunità cesense. Com’è noto, ad esempio, la costruzione della chiesa dedicata a San Vincenzo Ferreri e la riedificazione della chiesa madre di Cese dopo il terremoto del 1915 si sono rese possibili soprattutto grazie al contributo dei compaesani. In tale contesto, hanno detenuto particolare rilevanza le offerte giunte dai “cesaroli” allora emigrati negli Stai Uniti ed in Argentina. Una delle prime testimonianze, relativa alla chiesa di San Vincenzo, è quella riportata da Don Vittorio Braccioni nel “Bollettino parrocchiale dell’Abbazia di Santa Maria – Cese dei Marsi“, nel settembre del 1925. Scriveva Don Vittorio: “Albo d’onore. Micocci Tranquillo ha mandato per la chiesa lire 100, accompagnando l’offerta con le seguenti parole che dovrebbero essere di stimolo per molti. Berisso, 24/7/25. Per mezzo dei nostri paesani ho saputo che avete fatto una bella chiesa ed io, sentendo questa bella notizia, vi offro questa poca elemosina di lire 100. Bravo Tranquillo! So che tra voi si sta raccogliendo un po’ di denaro per la chiesa. Ebbene sappiate che il paese ci tiene alle offerte che vengono da parte vostra. Saluti a tutti, aff.mo Don Vittorio.”. In un altro bollettino parrocchiale, datato 1926, lo stesso sacerdote, oltre a ringraziare i compaesani per le generose donazioni giunte da Tyrone (USA), tributa una menzione speciale “ai fratelli Sabatino e Vincenzo Cosimati, di Luciano, che recentemente hanno inviato da La Plata lire 200”.

Per quanto attiene la lista degli emigrati verso il Paese sudamericano, Mario e “Nunziatina” Marchionni, con l’aiuto di alcuni compaesani, hanno tentando di ricostruire nel tempo un elenco di “cesaróji” argentini sulla base delle proprie reminiscenze. I nominativi riportati di seguito sono invece ricavati da fonti anagrafiche, bibliografiche e documentali, fisiologicamente carenti di dati. Non sono dunque liste complete né rappresentative, ma forniscono un punto di partenza all’interno di una ricostruzione complessa.

Italo Cipollone, nella sua “Genealogia di Cese”, enumera 65 cesensi emigrati in Argentina, soprattutto nel secondo dopoguerra. Scrive: “Differenti per cultura e capacità da quelli diretti in America del Nord nel primo ‘900, si sono saldamente inseriti nella realtà economico-sociale di quel Paese, avviando numerose attività autonome, soprattutto nel commercio. Si sono talmente ben inseriti da formare, in loco, famiglie stabili nel tempo, per lo più tra persone entrambe originarie di Cese, a volte tra cesensi ed altri italiani, spesso marsicani, raramente con donne del posto. Solo 9 dei 65 emigrati sono nel tempo rimpatriati”. Secondo quanto riportato nella pubblicazione di Italo, i “cesaròli” emigrati in Argentina sono i seguenti (sono inclusi anche i coniugi per facilitare l’identificazione). Carlo Bianchi (1923) e Maria Di Fabio, Felice Bianchi (1935), Vincenzo Bruno (1933), Evaristo Bruno (1930-1996) e Loreta Guidoni (1931), Ruggero Bruno (1889-1929) e Alfonsina Cipollone (1896), Vincenzo Bruno (1923)e Giovanna Chiostri (1925), Maria Augusta Bruno (1928) e Giuseppe Cipollone (1921), Berenice Bruno (1874) e Ignazio Di Matteo (1874), Sestina Chiostri (1926), Giuseppe Chiostri e Angela Galdi (1932), Isaia Ciciarelli (1927), Amedeo Cipollone (1931), Giovanna Cipollone (1936) e Giuseppe Di Pietro (1930), Eliseo Cipollone (1901), Mario Cipollone (1914-1990) e Giovanna Rantucci (1920), Emilio Cipollone, e Maria Cipollone, Isaia Cipollone (1907-1978), Ida Cipollone (1921), Emilio Valeriano Cipollone, Antonino Cipollone (1931), Alessandro Cipollone (1926), Anna Cipollone (1931) e Simone Di Matteo, Gregorio Cipollone (1903) e Maria Maddalena Cipollone (1908), Nazareno Cipollone (1904), Domenica Cipollone (1908), Mario Cipollone (1912), Velia Cipollone (1926) e Michele Torge (1922), Giovanni Cipollone (1931), Vincenzo Cosimati (1906), Angelo Cosimati (1905), Enrico Cosimati (1915), Guido Filippo Degni (1907), Fernando Gabriele Degni (1911), Teresa Di Matteo e Antonino Micocci (1920), Maria Carine Di Matteo (1922) e Francesco Patrizi, Pierino Di Matteo (1922) e Lucia Micocci (1923), Francesco Virgilio Di Matteo, Gianvincenzo Marchionni (1906), Clementino Marchionni (1922), Benito Marchionni (1928), Tranquillo Micocci (1884) e Maria Grazia Cipollone (1887), Adele Micocci (1929) e Alfonso Valente, Raimondo Patrizi, Lucia Rantuccii (1935) e Amelio Petracca (1928), Fernanda Torge (1934) e Enrico Cipollone (1926), Paolina Valente (1888), Antonio Valente (1879), Vincenzo Valente (1891) e Anna Tucceri (1905), Giovanni Valente (1894) e Maria Cipollone (1892), Pietro Valente (1886) e Giuseppa Ruscio (1889-1915), Emma Bianchi (1920) e Loreto Cipollone (Argentina e Francia?). Come già scritto, gli elenchi reali sono certamente più ampi, ma spesso la registrazione dei nomi nelle liste ufficiali non ha seguito criteri univoci.

Tra i “cesaròli” d’Argentina figura Isaia Ciciarelli, classe 1927, che così ricordava, qualche anno fa, il proprio percorso: “Sono partito per l’Argentina senza sapere cosa avrei fatto lì. Mi sono adattato a fare tanti mestieri, fino a rivestire incarichi di responsabilità. A costo di innumerevoli sacrifici ho fatto valere l’impegno e la dedizione al lavoro e, con soddisfazione, ho dato una strada alla mia famiglia. Sono riuscito a far studiare i figli per garantire loro un soddisfacente livello culturale. Anche io mi sono laureato in ingegneria, studiando di notte. Dopo un’intera giornata di lavoro, era normale che la sera mi appisolassi sui libri, per cui evitavo l’inconveniente con un singolare sistema: mentre leggevo, ponevo una forchetta da cucina sotto il mento, e ovviamente mi scuotevo quando venivo punto dai denti. Solo così riuscivo a mantenere gli occhi aperti e la mente sveglia”.

Paola Di Pietro, figlia di Mario e di Giovanna Cipollone, ha vissuto anche a Cese per diversi anni prima di far ritorno in Argentina. Di suo padre, nello specifico, ricorda: “Mio Padre piangeva tanto quanto parlavano di Cese, tutte le settimane scriveva una lettera a nonna Maria, sua madre. Quando stava in Italia stava bene, ma quando tornava in Argentina aveva tanta nostalgia”.

Carmine Cipollone è partito piccolissimo da Cese (“Come si usava al tempo, papà era partito da solo e in seguito noi l’abbiamo raggiunto, io ero ancora in braccio a mamma”) e riporta un ricordo molto intenso di quando era bambino. “Era una di quelle notti fredde di luglio; quaggiù a luglio è molto freddo… Davanti al fuoco c’era papà con due paesani, e poi c’ero io, “’no quatranejjo” di 6 o 7 anni. Parlavano delle Cese, di posti, di terre: l’ara, jo Crociono, la Seleva, jo Revito… di nomi e soprannomi che a me fecero ridere! Subito però me ne vergognai… perché mi accorsi che mentre io ridevo, loro invece piangevano…”.
Anche Carmine è tornato diverse volte a Cese, una volta subito dopo il colpo di Stato del 1976: “Nel 1976 c’è stata la dittatura militare in Argentina e sono stato sequestrato e carcerato per le mie idee politiche, perché sostenevo il Peronismo. Così sono rimpatriato (perché la nazionalità non l’ho persa mai) attraverso il consolato italiano che mi ha permesso di tornare libero. Ma ero già tornato nel ’71, perché Cese è sempre stato il mio posto nel mondo, il paese amato… è lì che stanno le mie radici, lo considero il mio paese e ho anche pianto nelle sue stradine, di nascosto da tutti, perché nessuno me ne chiedesse il motivo. Potendo scegliere di andare in qualsiasi posto, io scelgo sempre Le Cese”.

Enrique Cipollone riporta i ricordi dei propri genitori: “Nelle storie di mia madre, Giovannina Rantucci, e di mio padre, Mario, c’è anche la sofferenza di una donna che aveva lasciato il suo paese per seguire il marito che era arrivato in queste terre vergini due anni prima. Ricordo ancora le sue parole ascoltate da bambino, ho vissuto tutto il suo sradicamento: era come se le avessero cavato il cuore dal corpo, tanto amava le Cese. Ci raccontava tutti i giorni qualche cosa, favole, la tristezza e la sofferenza della guerra, e poi le se illuminavano gli occhi quando parlava delle traversate a piedi per andare a portare il latte ad Avezzano. Papà raccontava sempre della guerra e della prigionia con i suoi paesani, storie toccanti della sua gioventù”.

<Rielaborato da ricerche personali, da R.Cipollone, “La Voce delle Cese” (edizione speciale dicembre 2013) e da I.Cipollone, “Genealogia delle Cese” (2007)>

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